sabato 20 settembre 2014

La manipolazione psicologica: “Gaslighting”

Approfondimento sul fenomeno del “Gaslighting” ossia della manipolazione psicologica che può portare alla pazzia. La rubrica è a cura della psicologa e psicoterapeuta Lucia Magionami

Il termine "Gaslighting" deriva dal titolo del film "Gaslight". La pellicola del regista americano Georg Cukor esce nel 1944 e racconta una vicenda ambientata in Inghilterra nell'età vittoriana, grazie all'interpretazione di Ingrid Bergman e Charles Boyer.
Un gentiluomo (Boyer) convince la giovane moglie (Bergman) ad abitare nella vecchia casa dove la donna è cresciuta e dove lui, anni addietro, aveva assassinato sua zia. La storia si sviluppa attraverso una diabolica strategia psicologica in cui l'uomo, alterando le luci delle lampade a gas della casa, spinge la moglie sull'orlo della pazzia.

Da questo film, il termine "gaslighting" viene utilizzato per definire il comportamento manipolatorio crudele messo in atto da una persona per spingere la sua vittima a dubitare di se stessa, delle sue percezioni, dei suoi sentimenti, dei suoi giudizi di realtà, e ad avviarla in un gorgo di percezioni indotte che la porteranno ad uno stato confusionale crescente, financo alla pazzia.
Il gaslighter o manipolatore, mette in atto un'autentica violenza psicologica, tirando fili sottilissimi per muovere la vittima a piacimento. La persona dominata crede di agire liberamente in una realtà che percepisce come reale e univoca, senza accorgersi che sta solamente vedendo ciò che il manipolatore le permette di vedere rispetto alla realtà effettiva. L'autorevolezza presunta che il manipolatore manifesta, induce così la vittima a rileggere ogni eventuale propria presa di coscienza della realtà, come uno scantonamento ingiustificato dal sacrosanto mosaico imposto dal suo autorevole, insindacabile dominatore.
I sentimenti che la persona manipolata prova sono infatti basati su una costante inadeguatezza che mina quotidianamente le fondamenta delle sue sicurezze. In sostanza la manipolazione provoca in lei un vero e proprio "lavaggio del cervello" che avviene in modo sistematico, costante e duraturo nel tempo. La persona diviene una tabula rasa pronta ad essere riscritta dal manipolatore a seconda delle proprie finalità.
Per riuscire a fare tutto questo i gaslighter sono persone molto vicine alla loro vittima, quasi sempre partner o parenti stretti.

Possiamo individuare tre categorie fondamentali di manipolatore:

1) Il bravo ragazzo manifesta atteggiamenti gentili e generosi, che sembra occuparsi dei bisogni e desideri della vittima con attenzione; in realtà questi comportamenti sono solamente l'investimento necessario a costruire di sé l'immagine inattaccabile dietro la quale si nasconde il cinico dominatore; si tratta di una autentica messa in maschera che permetterà all'Ego "vampiresco" di strappare alla vittima ogni elemento di soddisfazione.
2) L'adulatore attua la manipolazione tramite lusinghe costanti strutturate, in maniera strategica per raggiungere il suo fine, laddove riconosce la vittima come fragile e bisognosa di conferme da parte di una figura autorevole e affidabile.
3) L'intimidatore utilizza il rimprovero continuo, la critica costante, la recriminazione, i doppi legami, il sarcasmo, per mantenere la vittima in uno stato costante di inferiorità rispetto allo standard comportamentale da lui imposto come "corretto". L'escalation della colpevolizzazione può arrivare fino all'aggressività diretta continua, anche fisica.

Spesso elementi delle tre categorie sono presenti nei comportamenti quotidiani del manipolatore, rafforzandosi reciprocamente entro la strategia di dominio.
Lo scopo del comportamento di gaslighting, comune alle tre categorie di manipolatori, è il controllo e il potere. La vittima è ridotta a una totale dipendenza fisica e psicologica, poichè è stata progressivamente isolata dagli affetti esterni alla coppia (amicizie, famiglia di origine, colleghi di lavoro) e conseguentemente la sua capacità di scelta responsabile è stata annullata. Il manipolatore ha oramai inculcato nella vittima il definitivo senso di inadeguatezza e di incapacità di scelta. Egli è divenuto il giudice di ogni singola azione che la vittima voglia compiere.

Chi è vittima di gaslighting prova:

1) Incredulità: la persona non crede a quanto sta accadendo e prova inizialmente a mettere in dubbio le "verità evidenti" imposte dal manipolatore.
2) Difesa: la vittima tenta di difendersi e cerca di motivare il suo sentire e vedere la realtà delle cose.
3) Depressione: la vittima si convince che il manipolatore ha ragione su tutti i fronti, diventa insicura, estremamente vulnerabile e infine dipendente.

La violenza psicologica innescata dal manipolatore si cronicizza non appena la vittima entra nella fase depressiva. In questa fase la persona si convince di essere compresa solo dal manipolatore, perciò si convince di essere da lui protetta e da lui sostenuta nelle scelte; quelle scelte che crede illusoriamente d'aver compiuto in totale libertà. Qui si crea il paradosso in cui la vittima idealizza il proprio carnefice.
Proprio per questo vissuto tramato costantemente, attraverso impercettibili atteggiamenti, la vittima non si rende conto della rete perversa in cui è cascata e non sente di dover chiede aiuto.
A tutt'oggi è difficile che la vittima del gaslighter si renda conto della situazione perversa in cui è tenuta. La manipolazione ben costruita regge infatti fino a che la vittima è convinta della giustezza del rapporto stabilito, pur in condizioni di subalternità e dominazione. Ella non percepisce cioè la perversione dell'equilibrio patologico di sudditanza/dominio.
Qualora la vittima riesca a percepire, con l'aiuto di familiari o amici, la situazione di dipendenza e di pericolo in cui versa, può iniziare con il terapeuta il percorso di rilettura del reale che non termina certo d'incanto nel momento dell'abbandono fisico del partner con la fuoriuscita dalla relazione perversa e dolorosa, ma prosegue nel tempo attraverso la ricostruzione quotidiana della propria identità, alla conquista della fiducia, della dignità umana calpestata e del senso di sè, che porti la vittima a liberarsi e a riconoscersi quale essere umano, e non come marionetta.

Dott.ssa Lucia Magionami
Psicologa-Psicoterapeuta
luciamagionami.blogspot.com

Articolo in Frescodiweb

martedì 16 settembre 2014

SLIMTIME: IL TEMPO DI ESSERE MAGRI



Un piccolo video per riflettere insieme.

Una signora in sovrappeso viene accompagnata dal magrissimo marito in un centro per dimagrire. Attraverso gli occhi del marito ci mostreranno la beauty farm stile 2001 Odissea nello Spazio. Le operatrici benessere sono tutte uguali, snelle vestite con un look perfetto e un colore adeguato all’ambiente. Le signore in sovrappeso hanno tutte lo stesso trattamento, standardizzato e anche sterlizzato.
La protagonista del video è ansiosa vuole ritrovare la forma fisica per sedurre con il suo aspetto il marito, ma (guardiamo il video)