venerdì 23 gennaio 2015

Il femminicidio raccontato duemila anni fa In quelle lapidi i delitti nell’antica Roma

Uno studio sulle iscrizioni funerarie ha ricostruito le storie di alcune donne assassinate dai mariti. A conferma di un retaggio culturale che affonda le radici nei secoli davvero difficile da estirpare.

 



Quando la scorsa primavera fu uccisa dall’ex fidanzato, che dopo averla accoltellata le diede fuoco mentre era ancora in vita, Fabiana Luzzi non aveva ancora 17 anni. 
Proprio come Prima Florenzia, gettata nel Tevere da suo marito Orfeo. Un tragico destino che accomuna due adolescenti che si erano appena affacciate alla vita ma separate fra loro da quasi duemila anni.

Di Prima Florenzia, vissuta al tempo della Roma imperiale, non si sa praticamente nulla. Non c’è modo di capire cosa possa aver spinto il consorte a ucciderla e se fu poi condannato per l’orrendo delitto. L’unica cosa rimasta della sua triste sorte sono le poche righe fatte incidere dalla famiglia in una iscrizione funeraria ritrovata nella necropoli di Isola Sacra, a Fiumicino, dove abitava: “Restuto Piscinese e Prima Restuta posero a Prima Florenzia, figlia carissima, che fu gettata nel Tevere dal marito Orfeo. Il cognato Dicembre pose. Ella visse sedici anni e mezzo”.

Tracce di femminicidio nell'antica Roma

A riportare alla luce questa storia è uno studio condotto da Anna Pasqualini, docente di Antichità romane per oltre 40 anni tra l’università dell’Aquila e quella di Tor Vergata. Analizzando lo sterminato corpus di epigrafi latine ritrovate nei territori in cui si estendeva l’impero (in tutto circa 180 mila), l’archeologa ha ricostruito una serie di casi di femminicidio dell’antica Roma. Un’indagine che mostra come la nostra società - in tema di violenza sulle donne - non sia poi così cambiata nel corso del tempo. A conferma di un retaggio culturale difficile da sradicare e che nonostante le campagne di sensibilizzazione non pare attenuarsi , visto che con le 177 donne uccise nel 2013 (erano 159 nel 2012) ormai in Italia si conta quasi un assassinio ogni due giorni.

GIULIA, PONZIA E LE ALTRE
Dall’oblio dei secoli è riemersa anche la vicenda di Giulia Maiana, che viveva nell’odierna Lione. “Donna specchiatissima uccisa dalla mano di un marito crudelissimo”, la definisce l’epitaffio commissionato dal fratello Giulio Maggiore e da suo figlio Ingenuinio Gennaro. Anche di lei si sa poco, se non che fu sposata per 28 anni ed ebbe due figli che, quando fu ammazzata, avevano 18 e 19 anni. Una lunga casistica che contempla anche casi di rapine finite nel sangue, come la piccola e “sfortunatissima Giulia Restuta, uccisa a dieci anni a causa dei gioielli” che indossava

«Si tratta di tutte donne della classe media, le cui famiglie potevano permettersi almeno una piccola epigrafe» spiega Pasqualini. «Possiamo presumere tuttavia che nelle fasce più povere della società la situazione fosse ancora peggiore, visto che storicamente i comportamenti degli strati superiori si riflettono sempre all’ennesima potenza in quelli inferiori».
Non mancano nemmeno casi di femminicidio che vedono protagonisti personaggi celebri o donne ricche, tanto da essere citati perfino dagli autori classici. E se nelle sue Confessioni Agostino di Ippona riferisce delle numerose donne che addosso “portavano segni di percosse che ne sfiguravano addirittura l’aspetto”, lo storico Tacito racconta negli Annali la storia di Ponzia Postumina, vissuta al tempo di Nerone, indotta “con ricchi doni all’adulterio” dal tribuno della plebe Ottavio Sagitta e poi ammazzata al termine di una notte di passione trascorsa fra “litigi, preghiere, rimproveri, scuse ed effusioni”. Riconosciuto colpevole, Sagitta fu condannato per omicidio all’esilio su un’isola e dopo 13 anni - nel 70 dopo Cristo - poté rientrare a Roma grazie alla revoca del bando emesso nei suoi confronti.

Chi invece scampò del tutto alla condanna - probabilmente grazie agli agganci politici - fu il retore Erode Attico (la vicenda è raccontata da Filostrato nelle Vite dei sofisti), che fece picchiare dal proprio liberto Alcimedonte la moglie Annia Regilla, colpevole ai suoi occhi di chissà quale mancanza. La donna, all’ottavo mese di gravidanza, morì a causa di parto prematuro indotto dalle percosse ma Erode, portato in giudizio dal cognato Bradua, fu assolto per insufficienza di prove.

Una storia che ricorda da vicino quella di Poppea, moglie di Nerone, anche lei morta durante la gravidanza a causa di un calcio in ventre sferratole dall’imperatore, che peraltro aveva già fatto uccidere la madre Agrippina e la prima moglie Ottavia.

DIVORZIO E STALKING AL TEMPO DELL’IMPERO
Su alcuni aspetti, però, la società romana era assai più avanzata della nostra. E se la Repubblica italiana ha dovuto attendere fino al 1970 per vedere l’introduzione del divorzio, nell’antica Roma bastava che uno dei due coniugi dichiarasse conclusa la “affectio maritalis” (la volontà di essere sposati) perché il matrimonio venisse sciolto. Circostanza ricorrente nelle classi agiate, come mostrano i casi di molte donne cantate da poeti - dalla Lesbia di Catullo alla Cinzia di Properzio - che cambiavano marito a ogni piè sospinto ed erano molto libere. Anche sessualmente, come mostra il caso di Eppia, moglie di un senatore dell’età di Nerone che - racconta Giovenale - lasciò la famiglia e fuggì con un gladiatore di cui si era innamorata.

Le donne ricche infatti non avevano peso politico né diritto di voto ma dal punto di vista economico erano abbastanza privilegiate: potevano ricevere eredità proprio come gli uomini e possedere beni in proprio, anche se avevano bisogno di un tutore maschio. Sebbene, con vari escamotage, riuscissero ad avere una quasi completa libertà d’azione. E se in epoca repubblicana l’ideale muliebre prevedeva che la donna si limitasse a badare alla casa, ad allevare i figli e a dedicarsi al lavoro della lana, in età imperiale acquisirono margini di autonomia abbastanza ampi, tanto che durante il principato di Augusto c’erano anche quelle che esercitavano l’attività di avvocato.

Insomma, una società in cui la violenza era incomparabile rispetto ai nostri standard ma anche così evoluta da prevedere - a partire dal II secolo avanti Cristo - una legge per perseguire il corteggiamento troppo insistente: si chiamava edictum de adtemptata pudicitia e a suo modo può essere considerato l’antenato dello stalking. Un reato meno grave, però, se la vittima era una schiava, vestiva come tale o come una prostituta (a prescindere se lo fosse effettivamente).

Segno, osserva Pasqualini, che già in epoca romana la presunta provocazione femminile dovuta all’abbigliamento costituiva per l’uomo quella discolpa che ancora oggi viene invocata (e a volte riconosciuta) nei tribunali. D’altronde di che meravigliarsi, se fino al 1981 il codice penale in Italia ancora riconosceva delle attenuanti al delitto d'onore?

lunedì 12 gennaio 2015

Come Identificare uno Psicopatico

Secondo Robert Hare, la lista dei sintomi e dei comportamenti che indicano una psicopatia è stata inizialmente sviluppata per valutare la condizione mentale delle persone che commettono crimini ed è comunemente usata per individuare le persone che possono manifestare tratti e tendenze di uno psicopatico. La maggior parte dei professionisti della salute mentale definisce uno psicopatico come un predatore che si avvale di altri usando fascino, inganno, violenza e altri metodi per ottenere quello che vuole. Identifica uno psicopatico utilizzando la lista di Hare per la psicopatia e confidando nella tua intuizione.

Identificazione di uno Psicopatico con la Lista di Hare



1. Cerca l'ostentazione del fascino frivolo e superficiale

Uno psicopatico indosserà una "maschera" di sanità mentale che lo rende simpatico e piacevole.










2 Valuta se questa persona ha una grandiosa percezione di sé

Gli psicopatici spesso credono di essere più intelligenti o più potenti di quello che realmente sono. 










 3 Osserva se c’è un bisogno costante di stimolazione. 

Quiete, tranquillità e riflessione non sono amate dagli psicopatici. Hanno bisogno di attività e di intrattenimento costante.










4 Determina se c'è un bisogno di mentire patologico

Uno psicopatico dirà ogni sorta di bugie, dalle cosiddette bugie bianche, quelle piccole e innocenti, fino a enormi storie destinate a trarre in inganno. 










5 Valuta il livello di manipolazione

Tutti gli psicopatici sono identificati come astuti e sono in grado di convincere le persone a fare ciò che normalmente non potrebbero fare. Per manipolare, sfruttano i sensi di colpa, la forza e altri metodi subdoli. 









 6 Individua eventuali 
sensi di colpa

L'assenza di un qualsiasi senso di colpa o rimorso è un segno di psicopatia.











7 Prendi in considerazione la risposta affettiva o emotiva che una persona manifesta

Gli psicopatici dimostrano reazioni emotive poco profonde per i decessi, le lesioni, i traumi o gli altri eventi che normalmente causerebbero una risposta più profonda. 








 8 Cerca una mancanza 
di empatia

Gli psicopatici sono insensibili e non hanno modo di relazionarsi con i non psicopatici.











9 Dai un'occhiata allo stile di vita della persona 

Gli psicopatici sono spesso dei parassiti: significa che vivono sulle spalle di altre persone.











 10 Osserva il comportamento della persona

La lista di Hare comprende tre indicatori di comportamento: inadeguato controllo del comportamento, promiscuità sessuale e precoci problemi di comportamento.










11 Considera gli obiettivi

Gli psicopatici hanno obiettivi irrealistici per il lungo termine. O sono del tutto privi di obiettivi o, se li hanno, sono irraggiungibili e basati sull'esagerato valore attribuito ai propri successi e abilità.










 12 Valuta se la persona è impulsiva o irresponsabile. 

Entrambe queste caratteristiche sono la prova della psicopatia.












13 Considera se la persona riesce ad accettare delle responsabilità 

Uno psicopatico non ammetterà mai di essere nel torto e mai confesserà sbagli ed errori di giudizio










 14 Esamina le relazioni coniugali

Se ci sono stati molti matrimoni a breve termine, aumentano le possibilità che la persona sia psicopatica.











15 Cerca una storia di delinquenza giovanile  

Molti psicopatici mostrano comportamenti delinquenziali nella loro gioventù. 












16 Verifica la versatilità criminale

Gli psicopatici sono in grado di cavarsela quasi in ogni situazione. A volte potrebbero anche farsi prendere, ma la capacità di essere flessibili quando commettono crimini è un indicatore. 









17 Nota se questa persona si presenta sempre come un "povero ragazzo" da compatire

Gli psicopatici sono esperti nel manipolare le nostre emozioni e insicurezze mostrandosi come "poveri ragazzi che hanno subito ingiustizie", abbassando così le nostre difese affettive e rendendoci vulnerabili per poterci sfruttare meglio in futuro. Se questa tattica psicologica è continuamente combinata ad azioni inaccettabili e cattive, si tratta di una potente avvisaglia sulla vera natura di questa persona.




18 Presta estrema attenzione al modo in cui questa persona tratta gli altri 

Gli psicopatici sono generalmente inclini a sminuire, umiliare, maltrattare, deridere e anche attaccare fisicamente (o uccidere, in casi estremi) le persone che normalmente non porterebbero loro nessun beneficio, come i subordinati, le persone fisicamente fragili o di rango inferiore, i bambini, gli anziani e soprattutto gli animali. Ricorda le famose parole di Arthur Schoepenhauer: "una persona che danneggia o uccide gli animali non può sicuramente essere una persona buona"



venerdì 2 gennaio 2015

Chi è lo Psicoterapeuta

(Una breve e non esaustiva descrizione della figura dello psicoterapeuta, aperti a commenti, suggerimenti e/o integrazioni)



Lo psicoterapeuta è quel professionista (psicologo o medico) che dopo essersi laureato e abilitato, ha conseguito la specializzazione almeno quadriennale in psicoterapia, in una delle varie scuole pubbliche o private attualmente autorizzate dal MIUR ed è inserito nell’elenco degli psicoterapeuti del proprio Ordine di appartenenza.
Lo Psicoterapeuta accoglie il paziente in un contesto positivo e di non giudizio. Il suo lavoro consiste nel mettere a disposizione della persona le proprie conoscenze scientifiche per costruire insieme un percorso che porti al benessere personale, familiare e sociale.
Quando è utile rivolgersi allo Psicoterapeuta
I motivi per cui ci si può rivolgere allo psicoterapeuta possono essere molteplici, ad esempio:
  • Quando la persona è colta da un malessere generalizzato,
  • Quando si hanno difficoltà relazionali, esistenziali, lavorative o familiari.
  • Quando si hanno sintomi disturbanti e limitanti tali da configurare una vera e propria psicopatologia come ad esempio:
    • Abuso e Dipendenza da Sostanze (Eroina, Cocaina, Amfetamine e nuove droghe)
    • Abuso e Dipendenza da Alcool
    • Dipendenza Affettiva, da Gioco d'azzardo, da Internet
    • Disturbi dell'Umore (Depressione, Disturbo Ciclotimico, Disturbo Bipolare...)
    • Disturbi d'Ansia (Attacchi di Panico, Fobie, Ansia, Disturbo Ossessivo-Compulsivo, Disturbo Post-Traumatico da Stress...)
    • Disturbi Psicosomatici (Gastrite, Colite, Asma, Psoriasi, Ipertensione, Emicrania...)
    • Disturbi Somatoformi (Ipocondria, Dismorfismo Corporeo...)
    • Disturbi Sessuali e dell'Identità di Genere
    • Disturbi del Comportamento Alimentare (Anoressia Nervosa, Bulimia, Binge Eating)
    • Disturbi del Sonno
    • Disturbi di Personalità
La domanda è guidata dalla volontà d'intraprendere un percorso individuale alla scoperta di sé, di potenzialità e limiti, intesi come aree "conflittuali" della propria personalità e della propria storia.
L'obiettivo è quello di raggiungere un’espressione personale più autentica e piena, una vita relazionale maggiormente soddisfacente ed una sensazione di benessere stabile e duratura.
In terapia si cerca di coinvolgere e stimolare le persone a un livello sia emotivo sia cognitivo affinché possano ampliare la loro visione delle cose, che tende a essere fortemente limitata e rigida nel momento in cui si affrontano situazioni personali problematiche, dove l’oggettività e la flessibilità vengono a mancare.
Lo strumento primo dello Psicoterapeuta per raggiungere questo obiettivo è la “relazione”.
La relazione terapeutica si costruisce a partire da una domanda di cambiamento, accettare l'incognita e la sfida del viaggio alla scoperta del nostro mondo interiore, implica “un atto di fiducia” verso chi ci accompagnerà e in seguito verso sé stessi.
Una “buona relazione terapeutica” è contraddistinta dal concordare con il paziente degli obiettivi terapeutici che si intendono raggiungere con il trattamento.
Tali obiettivi terapeutici devono essere condivisi da paziente e psicoterapeuta, ed inoltre devono essere monitorati nel tempo, al fine di valutarne o meno il raggiungimento.
Gli strumenti della psicoterapia
I principali strumenti della psicoterapia.
Il colloquio: è usato dal paziente per raccontare la sua storia, le sue esperienze passate e presenti, le emozioni connesse. Il terapeuta utilizza la parola per fornire interpretazioni, chiarimenti e indicare le relazioni tra i diversi contenuti psichici che emergono durante il lavoro terapeutico.
L’interpretazione: mette in relazione i contenuti del passato con quelli del presente, fornendo a questi ultimi lo sfondo storico delle loro origini e aumentando i livelli di consapevolezza.
La relazione: il rapporto che s’instaura tra paziente e terapeuta, il campo emotivo della loro relazione, il rapporto di stima e fiducia reciproca sono strumenti molto importanti della psicoterapia e costituiscono il veicolo del processo di trasformazione attivato nel paziente.
Il transfert: durante la psicoterapia sono proiettati sul terapeuta alcuni contenuti significativi della vita interiore del paziente, quali sentimenti antichi familiari, relazioni col mondo esterno, rapporti emotivi con personaggi della realtà attuale. Tali contenuti sono “trasferiti” sul terapeuta consentendo al paziente di viverli nel “qui ed ora” della relazione terapeutica. Ciò permette di elaborarli in una situazione di attualità ed evita che il lavoro terapeutico diventi distante e astratto.
Il setting: Formalmente, può essere definito come "l'insieme degli elementi, precostituiti dal terapeuta in base al proprio orientamento, che contribuiscono alla strutturazione di una relazione di tipo terapeutico, del processo a cui tale relazione dà vita e, quindi, alle regole che la rendono possibile, la definiscono e la organizzano".
È un termine di origine teatrale che indica ciò che è presente in scena in modo fisso ed entro cui si svolgerà l’azione rappresentata. Il setting comprende lo spazio fisico e lo spazio temporale.
Il primo si riferisce alla scelta dei colori dello studio, la disposizione delle poltrone, la distanza tra esse, eventuali oggetti tra le due, come un tavolino o un tappeto. Il luogo sarà un elemento importante.
Lo spazio temporale, si riferisce al tempo che avrete a disposizione, sia che lo usiate sia che non lo usiate.
Fa parte del setting sia la durata di un singolo incontro che la durata totale del percorso.
La frequenza può essere di un incontro settimanale o ogni 15 giorni.
Quindi la certezza degli orari, la stabilità dell’ambiente ed il legame emotivo con il terapeuta forniscono al paziente la cornice del lavoro terapeutico. All’interno di tale cornice potrà fare emergere, in condizioni di relativa sicurezza, anche i propri contenuti emotivi più nascosti e vergognosi, rendendone possibile l’elaborazione e la modificazione.


Bibliografia
  • Antonello Viola. Psicoterapia di coppia.
  • Camillo Loriedo, Farida Acri. Il setting in psicoterapia. Lo scenario dell'incontro terapeutico nei differenti modelli clinici di intervento. 2009. FrancoAngeli
  • Casarella F. e Sforza G., articolo: "Play Therapy".
  • Patrizia Fiori. La terapia con i bambini e con gli adolescenti: una guida per i genitori.
  • Roberta Gardini . Quando è utile rivolgersi allo Psicologo/Psicoterapeuta
  • Salvatore Di Salvo. La psicoterapia individuale

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