giovedì 15 aprile 2021

 

Compassion Fatigue




Compassion fatigue indica uno stato di tensione e preoccupazione, caratterizzato da una sintomatologia che ricorda quella del Disturbo Post-traumatico da Stress (evitamento, confusione, intrusioni) e che può manifestarsi in chi è frequentemente o stabilmente esposto alla sofferenza e al racconto delle altrui esperienze traumatiche (Figley, 2002), come chi fa il lavoro di psicoterapeuta.
Lo stress secondario infatti, colpisce chi viene sottoposto a situazione di trauma o sofferenza vissute no in prima persona ma sentite e più volte raccontare durante i colloqui clinici.
Infatti in terapia come nelle altre professioni di aiuto esiste un limite sottile nel fare bene agli altri e del male a sé stessi. Perciò è necessario coltivare la compassione come strumento fondamentale per aiutare chi si rivolge a noi, ma rinunciare alla pretesa di salvare il mondo, condividendo la responsabilità con chi chiede aiuto. La psicoterapia è un partita a scacchi dove il terapeuta e il paziente si siedono dalla stessa parte della scacchiera.
Una soluzione però esiste, nel pensiero di chi aiuta, ed è illustrata molto bene da questa frase che noi conosciamo ma al contrario "fai a te stesso ciò che fai agli altri". prendersi cura di sé, dei propri tempi, dei piccoli piaceri sono fonte di forza e di risorsa per fare bene il proprio lavoro e non cadere nella silenziosa compassion fatigue.

giovedì 8 aprile 2021

“La più grande scoperta di tutti i tempi è che una persona può trasformare il suo futuro semplicemente cambiando atteggiamento”.

Oprah Winfrey


Il triangolo drammatico definito da S. Karpman nel 1968 rientra nell’approccio psicoterapeutico dell'Analisi Transazionale. Questo modello indica uno schema di interazioni umane distruttive che si "attiva" quando due o più persone entrano in conflitto.

Ogni vertice del triangolo drammatico corrisponde ad un ruolo: salvatore, vittima, persecutore.
Il ruolo della vittima permette al soggetto che lo "interpreta" di soddisfare il suo bisogno di dipendenza e di evitare qualsiasi responsabilità all'interno della relazione.

Il persecutore è un soggetto critico, controllante altamente giudicante. Si sente superiore e non entra in contatto con il suo mondo interiore.

Infine nell'ultimo vertice troviamo il ruolo di salvatore. Il soggetto che usa questa modalità sì attiva sempre nell'assistere gli altri anche senza una vera richiesta di aiuto, così si sente buono, utile e non pensa a sè stesso.

Questo modello di Karpman ha un’applicazione terapeutica, i pazienti messi difronte a questo schema  sono recettivi alla comprensione di come si relazionano con gli altri e più inclini  alla volontà di cambiare.