martedì 25 giugno 2019

La violenza che ruba l'infanzia

In questi giorni estivi la cronaca riporta sconvolgenti episodi di figlicidio. Con questo termine tecnico-giornalistico si indica il più atroce atto che un essere umano può commettere: uccidere il proprio figlio o la propria figlia.

Nel 2019 si contano già 4 casi, l'ultimo è accaduto pochi giorni fa, quando la piccola Giulia, bambina di 2 anni, è stata uccisa dal padre violento, denunciato più volte alle forze dell'ordine dalla ex moglie. L'uomo in seguito all'episodio ha cercato di uccidersi.

Sicuramente dietro a queste tragedie si rileva un disagio forte nella sfera della genitorialità con pregressi vissuti di maltrattamento e trascuratezza, e anche dell'esistenza di ipotetici aggravanti di una violenza già esistente come l'abuso di alcool, droghe o miseria economica.

In definitiva, dietro all'uccisione del proprio figlio si muovono dinamiche  diverse, rinchiuse in un isolamento del vivere nella comunità sociale, che emergono solo all'apice dell'ultimo atto violento.

La genitorialità è una funzione mentale che riguarda la sfera affettiva legata alla capacitò di sostegno e cura, per questo in psicologia, davanti a questi atti, parliamo di "tragedia annunciata" poiché i segnali ci sono ma spesso non vengono visti e rilevati neanche dai professionisti.

Esiste una differenza di pensiero tra il padre e la madre assassini, infatti nella madre omicida si rileva un'angoscia che inerisce l'incapacità di sentirsi all'altezza presunta o reale del ruolo di mamma attribuita dagli altri e da sè stessa. La cura verso la sua prole è percepita come deficitaria, difettosa, nonostante gli sforzi profusi diventando un vero e proprio atto indelebile. Mentre nel padre il figlicidio è legato all'immaturità come alla mancanza di responsabilità dell'assunzione del ruolo genitoriale che spesso si rileva in contesti di maltrattamento intrafamiliare come nel caso della piccola Giulia.

Infatti, in situazioni di separazione dove esiste violenza intrafamiliare, il partner abusante aumenta gli agiti violenti anche verso i figli usandoli come arma di ricatto contro la compagna, minacciandola di portarglieli via e addirittura di ucciderli.

La richiesta di questi padri di stare con i propri bambini è molto spesso strumentale utile ad avere un controllo sulla ex compagna. Proprio per questo e alla luce dei fatti di questi giorni, è necessaria più che mai una formazione adeguata indirizzata  a tutti i soggetti che si occupano di violenza affinché siano effettivamente adottate le indicazioni della Convenzione di Istanbul.




(Le parole definiscono la realtà in cui viviamo attenzione a come usarle)

mercoledì 5 giugno 2019

I NEURONI SPECCHIO E I FATTORI CULTURALI


Giacomo Rizzolatti è considerato il massimo neuroscienziato italiano, vive e lavora a Parma. Nel 1992 ha scoperto l’importanza dei neuroni specchio spiegando scientificamente “che guardando si impara". 

Infatti, mentre vediamo qualcosa, elaboriamo un pensiero, memorizziamo un dato, compiamo un movimento e un certo circuito neuronale entra in funzione. Il neuroscenziato ha scoperto che, nelle aree attribuite ai movimenti, la stessa attività neuronale si verifica sia nella persona che compie un gesto, sia in chi lo guarda. Per questo nell'osservatore si parla di neuroni specchio. Dunque, a livello cerebrale, la stessa azione viene compiuta da chi la fa e da chi la guarda imparandola e capendo l’intenzionalità. Perciò i neuroni specchio non riproducono solo movimenti ma anche emozioni. Da ciò si deduce che esiste un legame intimo tra gli esseri umani. Siamo tutti legati agli altri. 

Alla luce di questa scoperta gli studiosi stanno rivalutando la legge dell’ereditabilità di Lamarck secondo cui il patrimonio culturale si trasmetterebbe anche per via epigenetica, creando cioè un imprinting nel cervello che può essere passato alle generazioni future. 

I neuroni specchio sono anche alla base dell’empatia: la capacità di entrare in relazione con gli altri, di comprenderli, di solidarizzare con le loro sofferenze e le loro gioie. Per comprendere meglio dobbiamo ricordarci che in ogni azione che viene compiuta c'è una intenzione che dobbiamo codificare. Sono proprio i neuroni specchio a farci capire ciò grazie all’intuizione e non ad un ragionamento cognitivo. ma non sempre e non tutti  riusciamo a sintonizzarci gli uni con gli altri, infatti Hitler era molto empatico con animali ma non con gli ebrei, si può essere generosi con gli ultimi ma solo di determinate nazionalità, essere un bravissimo uomo fuori casa è un mostro in famiglia. 

Tutto questo ha una spiegazione, esistono due tipi di criminalità: quella impulsiva causata dai lobi frontali meno sviluppati che non riescono a modulare e frenare gli impulsi violenti e l’altra causata da mancanza di empatia. L’altro non è uguale è diverso e viene perfino oggettualizzato. Chi agisce violenza non lo riconosce e ai suoi occhi perde le caratteristiche di essere umano. 

Intuito e cognizione, empatia e cultura, si influenzano a vicenda. Posso perciò bloccare attraverso un percorso razionale e culturale l’azione dei neuroni specchio. 

Questo spiega perché l’empatia si attiva maggiormente verso coloro che ci hanno insegnato a considerare simili a noi come ad esempio i familiari e viceversa possono venire inibiti nei confronti di chi viene considerato un diverso.