La violenza in gravidanza
La violenza domestica è un
modello di comportamento coercitivo e di
controllo che una persona esercita su di un’altra persona per avere potere e il
controllo.
Esiste
il mito diffusissimo secondo cui la gravidanza protegga da violenza e
maltrattamento, al contrario, dai dati sulla violenza alla donne emerge che la
gravidanza, rendendo la donna più vulnerabile, anche per la riduzione della sua
autonomia sia emotiva che finanziaria, può
essere vissuta dal partner come opportunità per affermare più agevolmente
controllo e potere sulla donna.
Come rivela l’indagine iniziata nell’anno
2009 dal Dipartimento di Ostetricia e Ginecologia dell’IRCCS materno infantile
Burlo Garofolo di Trieste e dal Dipartimento di Psicologia dell’Università di
Trieste, assieme ai colleghi dell’Università della California e San Francisco:
“la nascita di un figlio in coppie non sufficientemente forti è facile che
crei tensioni, poiché costringe la coppia a rivedere ritmi e equilibri”.
Inoltre, lo studio citato sopra, pubblicato sulla rivista Health Care Women
International, riporta che, “con l’arrivo di un figlio l’uomo può
sentirsi messo da parte dalla compagna che rivolge le attenzioni al neonato,
cosicché vive la nascita del piccolo non
come gioia ma come impedimento a realizzare la propria felicità”. Sempre lo
stesso studio, ha evidenziato che il 10% di mamme con un bimbo di otto mesi (352
triestine di età media 32 anni), vive una situazione di violenza domestica,
soprattutto psicologica ma anche fisica e sessuale. Il 5% rivela stati di
depressione. Altri studi dimostrano la trasversalità del fenomeno infatti Mahenge
et al. del 2013, afferma che in Tanzania 3 donne su 10 hanno subito violenza
fisica e/o sessuale durante la gravidanza.
Uno
studio Canadese del 2006 afferma che il 21% delle donne maltrattate, subisce
abusi anche in gravidanza. Per una
considerevole percentuale di donne gli abusi iniziano in gravidanza perché il
partner violento dice di vedere il bambino come un intruso nella relazione tra
i due partner, teme un abbandono e il cambiamento del corpo della compagna
inoltre questi uomini dichiarano di provare un forte stress per motivi
famigliari credendo di non riuscire a mantenere le esigenze future della
famiglia. Con questo alibi irreale mettono in atto comportamenti di abuso fisici
e psicologici. Infatti i dati emersi dai Pronto Soccorso del territorio
nazionale, rilevati dai centri antiviolenza e dai professionisti che lavorano
su questa tematica riportano che la donna in gravidanza se riferisce di subire violenza racconta che prevalentemente
viene colpita con calci e pugni diretti
spesso all’addome per volontariamente farle del male o addirittura per causare la morte del feto. Dai
dati si evidenzia che un altro bersaglio che viene colpito sistematicamente sono
i genitali e il seno, talvolta riportano con vergogna con contemporaneo abuso
sessuale.
La violenza psicologica
accompagna sempre quella fisica viene utilizzata dal partner che agisce maltrattamento
ha la funzione di marcare un potere e aumentare lo squilibrio tra i due partner
con atteggiamenti di indifferenza, di rifiuto e di disprezzo verso la donna,
altri comportamenti sono il controllo e l’accesso alle cure prenatali, l’imposizione
di lavorare anche in periodi di rischio per il feto e decidere qualsiasi cura
medica durante il parto.
I Fattori di rischio per la violenza
in gravidanza sono da ricercare nella storia pregressa dell’uomo, da
indagare se la gravidanza è desiderata o indesiderata questo indicatore aumenta
il rischio maggiore di 5 volte; un altro fattore da valutare per chi lavora con
queste persone sono l’età dell’uomo, infatti i studi dimostrano che tra i 16 e 19
anni il rischio aumenta di circa 3 volte.
La violenza in gravidanza
comporta gravi rischi a breve e lungo termine sia per la mamma sia per il
bambino.
La madre potrebbe ricorrere
al’uso e abuso di alcol di psicofarmaci per gestire l’ansia e la depressione
fino ad arrivare a ideazione del suicidio e tentativi di metterlo in atto.
Le conseguenze psicologiche a
lungo termine della violenza subita in gravidanza provocano effetti gravi ed
estremamente dannosi sullo sviluppo psicologico del bambino. Con elevata
probabilità il bambino dopo la nascita sarà testimone di episodi di violenza.
Inoltre gli studi dimostrano che l’uomo che usa violenza contro la partner
probabilmente usa violenza anche contro i figli, perciò sarà più alta la
probabilità di avere insuccessi scolastici, uso di sostanze e stati ansiosi e
depressivi.
Le conseguenze
dell’esposizione alla violenza di un bambino hanno devastanti e pervasivi
effetti sul suo sviluppo fisico, psicologico, cognitivo e del linguaggio.
E’ fondamentale per i
professionisti sanitari che si trovano ad accogliere la donna nel periodo della
gravidanza riconoscere i segnali per
poter rilevare e intervenire in caso di violenza in modo efficace ed
efficiente. I segnali da osservare sono i seguenti:
ü Gravidanza
indesiderata (rischio > di 4 volte)
ü Ritardo
nell’accesso alle cure prenatali
ü Anamnesi
di aborti ripetuti, parti pretermine, distacchi di placenta, infezioni urinarie
ü Età
materna giovane (16-19 anni, rischio > di 3 volte)
ü Eccessiva
ansia rispetto al decorso ed esito della gravidanza
ü Presenza
di ecchimosi/ematomi o altre ferite
ü Abuso
di sostanze
ü Dimenticanza
degli appuntamenti fissati
ü Il
rischio per una donna di essere vittima di femminicidio aumenta di ben 3 volte
per le donne che vengono abusate durante la gravidanza
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