venerdì 14 ottobre 2016

La  violenza in gravidanza


La violenza domestica è un modello di  comportamento coercitivo e di controllo che una persona esercita su di un’altra persona per avere potere e il  controllo.
Esiste il mito diffusissimo secondo cui la gravidanza protegga da violenza e maltrattamento, al contrario, dai dati sulla violenza alla donne emerge che la gravidanza, rendendo la donna più vulnerabile, anche per la riduzione della sua autonomia sia emotiva che finanziaria,  può essere vissuta dal partner come opportunità per affermare più agevolmente controllo e potere sulla donna.
Come rivela l’indagine iniziata nell’anno 2009 dal Dipartimento di Ostetricia e Ginecologia dell’IRCCS materno infantile Burlo Garofolo di Trieste e dal Dipartimento di Psicologia dell’Università di Trieste, assieme ai colleghi dell’Università della California e San Francisco: “la nascita di un figlio in coppie non sufficientemente forti è facile che crei tensioni, poiché costringe la coppia a rivedere ritmi e equilibri”. Inoltre, lo studio citato sopra, pubblicato sulla rivista Health Care Women International, riporta che, “con l’arrivo di un figlio l’uomo può sentirsi messo da parte dalla compagna che rivolge le attenzioni al neonato, cosicché  vive la nascita del piccolo non come gioia ma come impedimento a realizzare la propria felicità”. Sempre lo stesso studio, ha evidenziato che il 10% di mamme con un bimbo di otto mesi (352 triestine di età media 32 anni), vive una situazione di violenza domestica, soprattutto psicologica ma anche fisica e sessuale. Il 5% rivela stati di depressione. Altri studi dimostrano la trasversalità del fenomeno infatti Mahenge et al. del 2013, afferma che in Tanzania 3 donne su 10 hanno subito violenza fisica e/o sessuale durante la gravidanza.
Uno studio Canadese del 2006 afferma che il 21% delle donne maltrattate, subisce abusi anche in gravidanza.  Per una considerevole percentuale di donne gli abusi iniziano in gravidanza perché il partner violento dice di vedere il bambino come un intruso nella relazione tra i due partner, teme un abbandono e il cambiamento del corpo della compagna inoltre questi uomini dichiarano di provare un forte stress per motivi famigliari credendo di non riuscire a mantenere le esigenze future della famiglia. Con questo alibi irreale mettono in atto comportamenti di abuso fisici e psicologici. Infatti i dati emersi dai Pronto Soccorso del territorio nazionale, rilevati dai centri antiviolenza e dai professionisti che lavorano su questa tematica riportano che la donna in gravidanza se  riferisce di subire violenza racconta che prevalentemente viene colpita con calci e pugni diretti spesso all’addome per volontariamente farle del male o addirittura per causare la morte del feto. Dai dati si evidenzia che un altro bersaglio che viene colpito sistematicamente sono i genitali e il seno, talvolta riportano con vergogna con contemporaneo abuso sessuale.
La violenza psicologica accompagna sempre quella fisica viene utilizzata dal partner che agisce maltrattamento ha la funzione di marcare un potere e aumentare lo squilibrio tra i due partner con atteggiamenti di indifferenza, di rifiuto e di disprezzo verso la donna, altri comportamenti sono il controllo e l’accesso alle cure prenatali, l’imposizione di lavorare anche in periodi di rischio per il feto e decidere qualsiasi cura medica durante il parto.
I Fattori di rischio per la violenza in gravidanza sono da ricercare nella storia pregressa dell’uomo, da indagare se la gravidanza è desiderata o indesiderata questo indicatore aumenta il rischio maggiore di 5 volte; un altro fattore da valutare per chi lavora con queste persone sono l’età dell’uomo,  infatti i studi dimostrano che tra i 16 e 19 anni il rischio aumenta di circa 3 volte.
La violenza in gravidanza comporta gravi rischi a breve e lungo termine sia per la mamma sia per il bambino.
La madre potrebbe ricorrere al’uso e abuso di alcol di psicofarmaci per gestire l’ansia e la depressione fino ad arrivare a ideazione del suicidio e tentativi di metterlo in atto.
Le conseguenze psicologiche a lungo termine della violenza subita in gravidanza provocano effetti gravi ed estremamente dannosi sullo sviluppo psicologico del bambino. Con elevata probabilità il bambino dopo la nascita sarà testimone di episodi di violenza. Inoltre gli studi dimostrano che l’uomo che usa violenza contro la partner probabilmente usa violenza anche contro i figli, perciò sarà più alta la probabilità di avere insuccessi scolastici, uso di sostanze e stati ansiosi e depressivi.
Le conseguenze dell’esposizione alla violenza di un bambino hanno devastanti e pervasivi effetti sul suo sviluppo fisico, psicologico, cognitivo e del linguaggio.
E’ fondamentale per i professionisti sanitari che si trovano ad accogliere la donna nel periodo della gravidanza  riconoscere i segnali per poter rilevare e intervenire in caso di violenza in modo efficace ed efficiente. I segnali da osservare sono i seguenti:
ü  Gravidanza indesiderata (rischio > di 4 volte)
ü  Ritardo nell’accesso alle cure prenatali
ü  Anamnesi di aborti ripetuti, parti pretermine, distacchi di placenta, infezioni urinarie
ü  Età materna giovane (16-19 anni, rischio > di 3 volte)
ü  Eccessiva ansia rispetto al decorso ed esito della gravidanza
ü  Presenza di ecchimosi/ematomi o altre ferite
ü  Abuso di sostanze
ü  Dimenticanza degli appuntamenti fissati

ü  Il rischio per una donna di essere vittima di femminicidio aumenta di ben 3 volte per le donne che vengono abusate durante la gravidanza 

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